martedì 17 gennaio 2023

L'inculata degli acquisti di media digitali

 Tanto tempo fa, quando ancora i film non si trovavano in rete, bisognava acquistare per forza una vhs, un laser disc o i primi dvd, il problema del possesso di un media non era stato nemmeno esplorato: uno comprava un supporto fisico, e lo "possedeva" finché funzionava. Di solito con le VHS era un periodo di pochi anni, a seconda di quante volte si rivedeva un film. Ma non era un grosso problema nemmeno quello perché ad un certo punto ci si stufava di vedere per la centesima volta "Mamma ho perso l'aereo". Inoltre era quasi certo che l'avrebbero trasmetto in tv a Natale, così si poteva tranquillamente registrarselo su VHS vergine. Problema quasi risolto, direi.

In seguito, con l'approdo di servizi digitali di noleggio e acquisto di film le cose cambiarono in maniera subdola: per il noleggio non c'erano particolari problemi, giusto qualche limite, ma si pagava un paio di euro, e si aveva poi tempo 48 ore per vedere un film. Non tanto dissimile da noleggi reali. In entrambi i casi non c'era il problema del possesso del media noleggiato, visto che dopo 48 ore il film non era più accessibile. Mentre se uno comprava un film su una piattaforma con DRM (digital rights management), in teoria il film rimaneva di proprietà vita natural durante, o almeno così si credeva, o si sperava.

La realtà però era più complessa, perché nessuno ci ha mai garantito che i server che ospitavano i file sarebbero rimasti attivi, anzi, nelle condizioni di contratto a volte veniva esplicitato che non si aveva diritto ad alcun rimborso nel caso in cui questi server non fossero accessibili per un periodo limitato o illimitato di tempo. 

Insomma le major di Hollywood erano riuscite a convincere molti che acquistare film in formato digitale era il futuro dei media, ma si erano dimenticati di avvisarci di un piccolo dettaglio, ovvero che nemmeno loro potevano garantire che i server dove si trovavano i loro film sarebbero stati disponibili per sempre. Anzi, diciamo che per loro era più conveniente glissare su questo particolare.

Anche perché le major cinematografiche venivano fuori da un periodo in cui la pirateria era imperante: se avessero anche solo parlato dell'eventuale possibilità che gli acquisti digitali non potessero durare per sempre, pochi utenti avrebbero acquistato un licenza temporanea per vedere un film, anche considerando che un dvd/bluray non costava poi tanto di più del film in formato digitale. E sappiamo tutti che i supporti fisici possono durare anche decenni (qualcuno dice da 50 a 100 anni: difficile dire ancora se è vero, di sicuro sono passati più di 25 anni e molti dei primi dvd sono ancora funzionanti).

Nel frattempo, nel mondo della musica, le cose erano molto differenti: in qualche maniera tutti gli store musicali ad un certo punto vendevano musica DRM free, forse perché i lettori mp3 erano così diffusi, e quelli che supportavano solo dei DRM specifici invece non lo erano molto. Ironia della sorte il mercato musicale rispose molto meglio alla pirateria di quanto non fece quello cinematografico e televisivo. Non che la pirateria musicale calò di molto grazie a questa mossa, ma ancora oggi si possono comprare file musicali senza alcuna protezione specifica, che possono essere riprodotti su qualsiasi dispositivo senza che questo debba controllare una licenza su un server. 

Per i film, invce, i drm e le protezioni sono sempre state all'ordine del giorno, anche su disco. In un certo periodo dei primi anni 2000 però qualcuno si mise a commercializzare dvd con film DiVX al loro interno. Era una strategia interessante, ma non ebbe moltissimo seguito, anche perché i lettori DiVX forse non erano molto diffusi all'epoca: molta gente aveva solo lettori dvd o Playstation 2 attaccate ai televisori, mentre il pc di casa non era in genere attaccato alla tv.



L'esperimento quindi durò un tempo limitato. Nel frattempo si continuavano a produrre dvd prima e bluray/HD DVD poi (questi ultimi durarano MOLTO poco, ovviamente), ed incominciò a farsi strada lo streaming video, con l'aumentare della banda disponibile. Credo di aver comprato/noleggiato i primi film sul Google Play Store circa 10 anni fa, forse anche un po' di meno. Hanno pure regalato un po' di film al tempo, oppure mettavano il noleggio a 50 cents/un'euro. Non male per chi voleva vedersi un filmetto in tranquillità senza dover cercare su siti equivoci. In fondo era più sicuro e più comodo. E quindi era inevitabile che molte persone cominciassero ad acquistare anche i film su queste piattaforme, magari nel periodo in cui c'era qualche offerta. Ovviamente la pirateria continuava a prosperare. Sembrava non ci fosse mai fine, finché arrivò Netflix. Netflix propose una formula semplice: ALL YOU CAN SEE, ad un prezzo mensile inferiore a quello di un solo film. Era qualcosa di inaudito per l'epoca. Piattaforme simili, ma con meno contenuti, costavano anche decine di euro al mese, come la tv via cavo statunitense, ma soprattutto non era on-demand. Era come la tv classica. La rivoluzione netflixiana prese in contropiede utenti e major cinematografiche, che videro una piattaforma crescere in maniera vertiginosa quasi dal nulla.

Quasi, perché Neflix in realtà noleggiava dvd via posta da un sacco di tempo prima di approdare allo streaming. In ogni caso le major si morsero le mani, perché avrebbero potuto creare loro le loro piattaforme streaming e guadagnare 10 euro al mese dall'abbonamento. Ma non ci avevano mai creduto veramente. Ora che qualcuno faceva BIG MONEY con i loro contenuti, tutti volevano una fetta della grande torta. Così sono poi nate le diverse piattaforme streaming che esistono oggi, e chissà quante sopravviveranno domani.

In ogni caso, se Netflix aveva trovato il successo, altre piattaforme cercavano di trovare la loro nicchia per almeno andare avanti: chi non poteva creare contenuti originali doveva per forza acquistarli dai vari produttori, e questo poteva essere abbastanza costoso. Inoltre una piattaforma per avere successo deve avere una marea di contenuti disponibili, altrimenti ha fallito in partenza.

Ho visto diverse piattaforme digitali chiudere i battenti negli ultimi 20 anni: alcune erano molto piccole, altre invece come Google Play Music sembravano "troppo grandi per fallire" (e difatti Google non è fallita, ha solo dismesso il servizio Play Music, che pure era buono).

Così nel corso degli anni ho comprato diversi "beni digitali", non ponendomi nemmeno il problema se sarebbero "durati" nel tempo. Pensavo che fosse scontato che li avrei avuti a disposizione per 10,20, forse anche 30 anni, Nel frattempo forse me ne sarei dimenticato, Ma pensavo fossero eterni, fossero sempre lì, se li volevo. 

Invece di recente ho visto questo:

 In pratica dice che "sono stati 9 anni bellissimi, ma dobbiamo chiudere i battenti. Avete tempo fino al 31 gennaio per vedere i vostri video, poi bye bye!".

Ecco, insomma non il massimo. E per fortuna che l'ho scoperto in dicembre, così ho potuto fare qualcosa in merito, almeno fare un elenco dei video che avevo comprato, cercare il "backup" in rete. Nulla di impossibile ovviamente, ma è comunque una seccatura, perché prima questi video erano disponibili da qualsiasi dispositivo in qualsiasi luogo, adesso invece sono legati alla loro posizione in un dispositivo specifico (a meno di non caricarli sul cloud, ma lo spazio cloud costa!).

Ma sia quel che sia questo è uno dei peggiori lati negativi di avere un servizio solo digitale: in passato esisteva anche un cloud realizzato da TIM, Parliamo solo di 5/6 anni fa, porte poco di più, ma chi se lo ricorda? 200GB a 6,95 euro al mese, non poco, anche perché proprio nel 2017 Apple ritoccò al ribasso il suo iCloud, arrivando dunque a 2,99 euro al mese proprio per 200GB. Chi era il pazzo che avrebbe pagato più del doppio del prezzo di Apple? E così TIM Cloud durò molto meno di quello che la ex Telecom avrebbe sperato. Posso immaginare che i pochi utenti che lo utilizzavano almeno hanno potuto salvare i dati caricati sul cloud, però rimane una seccatura.

Peggio forse fu la sorte di Megaupload, Utilizzato in prevalenza per caricare file illegali, tuttavia un certo numero di persone lo utilizzava anche per il backup di file. Una volta bloccato i server dalle autorità statunitensi tutti i file caricati non erano più disponibili a nessuno (tranne le autorità stesse ovviamente). 

Chi ci assicura insomma che i dati che oggi sono disponibili sul cloud ci saranno ancora domani??
NESSUNO, ecco chi. perché le aziende possono terminare in qualsiasi momento gli account delle persone, anche di quelle che pagano per un servizio. E' come se voi pagaste l'affitto del vostro appartamento, e tutto d'un tratto arrivasse il padrone di casa, mentre dormite, e vi sbattesse subito fuori. Non male, eh?

Ecco perché è meglio non comprare troppo materiale digitale, si rischia di bruciarsi peggio di quello che uno immagina!

Ed ovviamente non si può nemmeno vendere un proprio account digitale a terzi, perché legato alla persona che l'ha aperto. Ma se io ho un account Nintendo pieno di giochi, e non sono più interessato a giocare con la mia Switch, perché non potrei vendere quell'account? Se posso vendere i giochi in formato fisico, dovrei poterlo fare anche in formato digitale. ED INVECE NO. Una bella ingiustizia, a mio avviso. Invece Nintendo può terminare il vostro account se rileva attività sospette. Qualunque cosa sembri sospetta.

E dopo le multinazionali si domandano perché la pirateria è ancora così attiva...CI CREDO! Se dopo aver speso migliaia di euro in beni digitali si rischia di rimanere con un pugno di mosche allora BEN VENGA LA PIRATERIA.

lunedì 2 gennaio 2023

Perché il BLACKWASHING è nocivo quanto il WHITEWASHING

 Tanto tempo fa (ma nemmeno poi tante decadi fa, in fondo), la popolazione di colore viveva segregata ed ai margini della società americana. I bianchi li avevano sfruttati come schiavi fino ai primi del '900 in una maniera o nell'altra, ma soprattutto continuato a sfruttarli anche per molto tempo dopo che la schiavitù era stata finalmente abolita nel 1865. Per oltre 100 anni i neri d'America erano comunque ancora in uno stato di subordinazione, in generale, rispetto ai bianchi. Era un periodo insomma in cui i neri erano immancabilmente poveri e non avevano accesso ad istruzione e buone carriere. Ciò includeva anche quella di attore ovviamente, tant'è vero che non era strano vedere un attore bianco interpretare uno nero dipingendosi semplicemente la faccia ed il corpo di pittura scura. Era la tipica BLACKFACE, ovvero una persona bianca si "traveste" da persona di colore. Ho visto anche alcuni western in cui un'attrice bianca si dipingeva la faccia in maniera da sembrare indiana (d'America), con risultati non sempre eccezionali.

Erano altri tempi, anni '60 per lo più. In quegli anni il razzismo negli USA era ancora piuttosto forte (lo è ancora in una certa misura ovviamente, ma guardando la moltitudine di attori, attrici, cantanti, atleti e via discorrendo personaggi famosi di colore è chiaro che le cose sono NOTEVOLMENTE cambiate), si tendeva ad escludere le minoranze dallo show business.

Poi, con le proteste per i diritti civili le cose cominciarono a cambiare. Negli anni '70 ci fu un fiorire di film con attori di colore protagonisti, ed anche nei fumetti cominciarono ad apparire diversi personaggi di colore (ad esempio STORM - TEMPESTA apparve nel 1975, ed è tuttora un personaggio molto amato dal pubblico. Con il tempo furono aggiunti sempre più personaggi di colore e appartenenti alle minoranze, la maggior parte probabilmente negli 10-20 anni però. E qui cominciò un certo problema.

25 anni fa cominciarono a venir prodotti moltifilm dai comics supereroistici. All'inizio non ci furono troppi problemi: film come BLADE, X-MEN ed altri vennero prodotti e trovarono un certo successo. Il problema però era che i supereroi classici erano troppo "bianchi". Supereroi come Batman, Superman, Capitan America erano stati creati negli '30/'40, quando praticamente si realizzavano albi solo per il pubblico anglosassone. Questo rischiava di essere un ostacolo agli occhi dei produttori di Hollywood, che cavalcavano sempre l'onda dei cambiamenti sociali (ma solo se potevano trarne vantaggio economico, ovviamente). Il pubblico sembrava chiedere più storie "inclusive", ma la maggior parte dei supereroi e villain famosi erano bianchi. E così si fece quello che venne ritenuta una mossa "saggia", ovvero si trasformarono i personaggi ed a volte le storie.

Uno dei primi casi fu il film di CATWOMAN in cui la bionda Michelle Pfeiffer fu sostituita dall'ottima, dalla pelle d'ebano, HALLE BERRY (che pure vinse un RAZZIE AWARD per la sua interpretazione).

Il difetto principale di quel film era la sceneggiatura, ma anche il fatto che un personaggio era stato cambiato radicalmente non era un buon segno. Tra l'altro non era il primo esempio di attore nero che andava ad interpretare un personaggio orginariamente bianco: era già successo l'anno prima nel film DAREDEVIL. Anche in questo caso l'attore era comunque molto valido, ma si trattava di un cambiamento assolutamente non necessario. Ma all'epoca nessuno ci fece molto caso, in fondo i 2 film erano comunque bruttini. 

Tuttavia Hollywood aveva preso nota: il pubblico non detestava il BLACKWASHING, anzi, sembrava approvare questi cambiamenti, soprattutto il pubblico più giovane che non aveva ancora letto o visto i comics o le serie animate originali.

Il pubblico generalista chiedeva infatti più rappresentazione delle minoranze (cosa sacrosanta, ci mancherebbe) nelle opere di fantasia. Purtroppo Hollywood recepì il messaggio in maniera fin troppo letterale: avrebbero dovuto aumentare il numero di personaggi di colore AD OGNI COSTO, anche se avrebbe voluto dire stravolgere i personaggi stessi.

Qualcuno dirà: "ma in fondo che importanza ha se tale personaggio è bianco o nero? L'importante è che la storia sia decente, no?"

Sicuramente c'è del vero in questo, ma come molti si arrabbiavano a vedere un Otello interpretato da un attore bianco, perché non dovrebbe essere lo stesso per Catwoman o Kingpin?

Il blackwashing non si limita a personaggi di fantasia, ma in tempi recenti si è allargato anche a personaggi storici, creando qualcosa di piuttosto ridicolo a mio avviso, un effetto che dovrebbe essere anti-razzista ma nasconde un razzismo insito piuttosto subdolo e malevolo. Grandi personaggi della storia europea diventano di colore solo perché non c'erano molti personaggi di colore famosi all'epoca. In tutta la storia giapponese ad esempio c'è solo un personaggio storico di colore che ha lasciato il segno nel paese (anche perché il Giappone era piuttosto "chiuso"), un samurai che divenne noto con il nome di YASUKE



Da un punto di vista strettamente sociologico è anche naturale che le minoranze siano interessati a vedere sè stessi sul grande e piccolo schermo, questo non è certo qualcosa di sorprendente. Ciò che sorprende è la quantità di personaggi secondari che sono stati sottoposti al BLACKWASHING in questi ultimi anni, incluse la sirenetta Disney.

Molti fan del vecchio film hanno trovato la scelta dell'attrice per la versione live action molto discutibile. Ovviamente una fiaba può essere rimaneggiata quanto si vuole, purché sia nel PUBBLICO DOMINIO si possono fare versioni alternative. Nessuno obbliga nessuno a mantenere la storia ed i personaggi originali (eppure ci furono diverse critiche quando i giapponesi crearono una versione GENDERSWAP di REMI, il bambino senza famiglia negli anni '90).

La cosa divertente è che Hollywood potrebbe tranquillamente creare progetti originali con personaggi di colore, e lasciare stare i personaggi "vecchi", ma preferiscono invece operare cambiamenti che non sono sempre giustificati o giustificabili. 

E poi ovviamente ci sono migliaia di migliaia dei cosiddetti "fan edits", ovvero reinterpretazioni non ufficiali di personaggi famosi, con risultati spesso ridicoli e talvolta osceni.


A che servono cose del genere? A chi servono queste reinterpretazioni? Non è un'offesa all'autore originale? Ed anche se l'autore originale fosse d'accordo, cosa anche possibile, qual è il senso di tutto ciò? Quando c'era un personaggio di colore in un'opera NON ho mai pensato nè voluto che fosse bianco, come me.

ORA, mi rendo conto che in passato c'è stata una penuria di personaggi di colore o anche asiatici nei film, anime, cartoni animati etc etc...PERO' NON E' COSI' CHE SI METTONO A POSTO LE COSE.

ANZI. Così facendo si creano ancora più divisioni all'interno del fandom. Divisioni che vengono scambiate per razzismo, OVVIAMENTE, ma la spiegazione è una ed una sola: i fan di vecchia data vogliono che un certo personaggio rimanga il più possibile uguale a come l'hanno conosciuto. Ecco perché quando vengono prodotte cose del genere i fan insorgono:



Questa è la versione "moderna" di Scooby Doo e della sua gang, ovviamente senza il cane, e con Velma protagonista. Shaggy è diventato nero, Daphne asiatico-americana e Velma tipo indiana dell'India, non è chiaro, Solo Fred è rimasto il tipico bamboccio bianchiccio, ma non temete, pare che non sia come sembra, Fred ha un segreto, che preferisco non spoilerare, ma probabilmente farà incavolare molti fan della serie originale.

Ora, possiamo prendere questa serie come una serie alternativa, in fondo stanno continuando a produrre altre opere collegate a Scooby Doo con i personaggi di sempre, tuttavia sarebbe stato meglio produrre qualcosa di originale, o uno spin-off con nuovi personaggi, no?

Aspettate, era già stato prodotta una serie del genere:


Con MIKE TYSON, una ragazza asiatica, un fantasma omosessuale (perché no?) ed un piccione parlante! Ovviamente questa era una serie originale ispirata a Scooby Doo, ma divertente, con un cast multietnico (cioè, c'è pure il piccione!), con MIKE TYSON protagonista...Cosa volete di più??

Io adoro serie del genere, perché dimostrano che gli scrittori sono in grado di innovare anche concetti vecchi come il mondo (Scooby Doo è una serie iniziata negli '60 in fondo...), ciò che invece DISPREZZO è quando prendono una serie nota, cambiano i personaggi principali solo per soddisfare chi quel prodotto non lo guarderà nemmeno.

Nessuno si è lamentato di Lilo & Stitch molti anni fa perché la protagonista era una bambina delle Hawaii, nessuno si è lamentato che la protagonista di Moana/Oceania era una nativa della Polinesia. ANZI, finalmente si cercava di produrre qualcosa da miti poco conosciuti in occidente. Ci sarebbero molti miti africani da esplorare, ma Disney dorme. Meglio fare BLACKWASHING e risparmiare tempo e denaro.


Meglio una brutta copia della sirenetta originale, piuttosto che una bel film basato su miti africani. 

E poi ci sarebbe da parlare del revisionismo storico di THE WOMAN KING, ma di questo ne parlerò forse in futuro, però è interessante come il messaggio che DEVE passare sia "uomo bianco cattivo, uomo (o donna) di colore buono", pure se si parlava di un regno africano che praticava la schiavitù come molti schiavisti europei ed americani.