mercoledì 19 aprile 2017

[FILM] Train to Busan (2016) - la recensione senza spoilerone (credici!)

Nel post precedente avevo parlato di "Seoul Station", di come il film mi avesse colpito e blablabla yaddayadda..., quindi mi par giusto spendere un paio di parole sul "sequel", che è stato uno dei film di maggiore successo del 2016 in patria, arrivando ad incassare quasi 90 milioni di $$ in tutto il mondo, di cui 80 solo in Corea del Sud, un risultato sicuramente notevole per un paese con una popolazione inferiore rispetto all'Italia di quasi 10 milioni di persone, considerando poi che i maggiori box office in Italia o sono film stranieri come Avatar o sono film italiani comici, come quelli di Checco Zalone (!!), con poche eccezioni come "La vita è bella" di Roberto Benigni (film "furbetto" ma se non altro culturalmente più meritevole di molti altri film in classifica). Logicamente un film che parla di apocalissi zombi non potrebbe mai arrivare a guadagnare cifre così stratosferiche in Italia, ma neppure 1/100 di quelle cifre! Il che è un peccato, perché "Train to Busan" non è mero intrattenimento come poteva esserlo il mediocre "World War Z", né una commedia horror intelligente come "Zombieland", o quella sorprendente commedia nera/horror che risponde al nome di "Deadgirl" (film che probabilmente hanno visto in pochi), ma è un'opera che cerca di far riflettere lo spettatore (o almeno ha fatto riflettere me).
Il film segue all'inizio la vita di Seok-woo, un manager rampante che pensa più al suo lavoro che alla sua figlioletta, che nel frattempo viene allevata dalla nonna materna. La bambina per il suo compleanno desidera quindi di poter vedere la madre, che abita a Busan, dall'altra parte della Corea del Sud, dopo aver divorziato dall'uomo. Seol-woo chiaramente non è molto contento di perdere tempo (sono quasi 3 ore di treno per accompagnare la bambina dalla madre), ma d'altro canto capisce che se non le sta vicino finirà con il perderla. Purtroppo, come capita sempre nei film, il destino decide di cambiare le carte in tavola, e padre e figlia si ritrovano in mezzo ad un'apocalisse zombi senza precedenti (anche perché fino a quel momento non ce n'era mai stata nessuna)! Riescono a salvarsi per un pelo, ma una volta sul treno cominciano le magagne: dopo che alcuni infettati si muteranno in pericolosi zombi, avrà inizio una lotta per la sopravvivenza che si farà sempre più dura con il passare del tempo, anche a causa dell'egoismo di molte persone che si rifiuteranno di aiutare le altre persone quando necessario, per paura di perdere la propria vita. Ironicamente tali persone faranno tutte una brutta fine, spesso proprio a causa del proprio egoismo. Molti personaggi perderanno la vita invece nonostante abbiano provato ad aiutare gli altri, ma non sarà tutto vano: in particolare il sacrificio di 2 personaggi si rivelerà fondamentale per salvare almeno una manciata di vite, la speranza per il futuro (e forse un eventuale sequel? Chissà...).
Qualcuno ha paragonato "Train to Busan" ad un altro film recente, ambientato su un treno, ovvero "Snowpiercer", di un altro regista coreano, ma i 2 film hanno tematiche differenti: il treno di Snowpiercer è infatti un'allegoria della suddivisione in classi sociali, in cui i più poveri stanno in fondo (al treno), si cibano di scarti (insetti), mentre il cosiddetto 1% se la spassa in cima (nei vagoni più lussuosi). Viene fatto inoltre intendere che, date le risorse limitate presenti (sullo Snowpiercer), non è possibile fare altrimenti anzi, periodicamente è necessario pure eliminare parte delle persone, fomentando rivolte che alcune persone della testa e della coda del treno sanno benissimo che diverranno un bagno di sangue, in cui a perderci più vite saranno ovviamente le persone della coda. Logicamente nessun passeggero che vive in una condizione più agiata è disposto a cedere parte dei suoi privilegi per far stare un po' meglio i passeggeri della coda del treno, e questa è una delle cause che portano periodicamente alla rivolta della classe più povera.
La digressione su Snowpiercer era necessaria per far capire la differenza sostanziale tra i 2 film: Train to Busan infatti non ha come tema (portante) quello della critica alla società nel suo insieme, ma è più una critica all'individuo, che all'interno della società moderna è divenuto incapace di dare priorità alla famiglia ed agli affetti (si veda Seol-woo inizialmente nei confronti della figlia e, indirettamente, della moglie), nonché incapace di essere empatico nei confronti degli altri, di pensare soltanto alla propria vita arrivando a calpestare innumerevoli altre pur di sopravvivere: si badi bene che il film non contesta l'istinto di sopravvivenza insito in tutte le creature viventi, ma accusa chi lo fa in maniera fredda e metodica (in particolare un personaggio del film).
Come in altre opere a tema zombi anche in "Train to Busan" l'uomo si conferma la creatura più terrificante, quando tutti i nodi vengono al pettine. D'altro canto, come insegna la storia, quando si tratta della propria sopravvivenza molte persone diventano disposte a tutto!
Come già detto, rispetto a "Seoul Station" il finale di questo film è leggermente più ottimista, ci sono alcuni sopravvissuti (le persone più innocenti, la speranza per il futuro), anche se il pericolo è ben lungi dall'essere passato. La fine del film risponde alla domanda se è valsa la pena il sacrificio di tante persone per salvare così poche vite? La risposta ovviamente è sì, e si esplica in un canto tanto flebile quanto rassicurante, ed al contempo straziante.
In definitiva "Train to Busan" è uno di quei film da vedere assolutamente, sia se si sia fan del genere "zombi" sia che si voglia semplicemente vedere un film ben realizzato, capace di trasmettere emozioni oltre che intrattenere per un paio d'ore!

Alcuni dei personaggi principali di questo film: quanti sopravviveranno alla fine??

martedì 11 aprile 2017

[FILM] Seoul Station (2016) - il cineracconto

Parlare di un film come "Seoul Station" senza parlare di "Train to Busan" è una cosa fondamentalmente stupida, ecco perché lo farò, senza problemi, anche perché ho visto Seoul Station di recente, mentre Train to Busan vari mesi fa. Giusto per fare un po' di chiarezza, Seoul Station è una sorta di prequel animato di Train to Busan, entrambe i film sono stati realizzati dallo stesso regista, il talentuoso Yeon Sang-ho, sudcoreano classe 1978, già regista e sceneggiatore di vari film e corti animati, che è riuscito a balzare all'attenzione del mondo intero grazie appunto a "Train to Busan", pellicola apparentemente incentrata sull'ennesima apocalisse zombi, ma che in realtà è uno spaccato della società contemporanea, dell'egoismo delle persone e dell'incapacità di cooperare per superare eventuali pericoli: non a caso ambientata per la maggior parte su un treno, metafora da sempre della vita e della condizione umana. Molto differente invece Seoul Station, in cui l'azione si divide in varie zone della città di Seoul, tra cui appunto anche la stazione, che rappresenta in centro di raccolta di diverse umanità: senzatetto, giovani senza lavoro, criminalità di vario tipo...In mezzo a tutti i disperati si staglia la giovane Hye-Sun, che sopravvive di espedienti assieme al suo ragazzo, il quale però per poter pagare l'affitto le propone di far finta di fare la prostituta, e poi di scippare i propri clienti e scappare col maltolto.
Hye-Sun scopre che il suo ragazzo è un cretino integrale
Astutamente inserisce la foto della sua ragazza sul web, assieme al suo numero di telefono, ed ovviamente la cosa si rivelerà un errore madornale. Infatti il padre della giovane, che era scappata di casa, viene informato della cosa (da un detective privato?), e contatta il fidanzato/pappone, ignaro di cosa stia andando incontro. Quando i 2 si incontrano il padre non sembra molto contento di vedere il suo possibile futuro genero, e lo tempesta di botte e cazzotti, facendosi accompagnare all'appartamento dove i 2 giovani vivono, e dove dovrebbe trovarsi la ragazza. Ma, sorpresa, Hye-Sun non c'è: incavolata e delusa dal comportamento del suo ragazzo si è messa a girare per la stazione di Seoul, per sbollire la rabbia e riflettere sul suo amaro presente e sul suo oscuro futuro. Mentre cammina nei sottopassaggi della stazione all'improvviso vede un bel po' di persone che stanno fuggendo spaventate a morte, da una minaccia non molto ben chiara. Nel frattempo suo padre ed il suo ragazzo devono affrontare una piccola orda di zombi nel motel dove abitano i 2 giovani, e riescono per un pelo ad evitare di essere massacrati. Anche la ragazza è riuscita a fuggire, ed ora si trova all'interno di una cella in una stazione di polizia assieme ad alcuni barboni ed un poliziotto, circondata da zombi che vogliono farle la pelle.
Hye-Sun ed il vecchio barbone in una scena all'interno della stazione di polizia
Grazie all'intervento di altri poliziotti la ragazza ed un vecchio barbone riescono a sfuggire alle grinfie degli zombi assatanati, e vengono caricati su un'ambulanza per essere portati all'ospedale più vicino. Sull'ambulanza Hye-Sun trova finalmente il tempo e la calma per contattare il suo ragazzo, al quale dice che si stanno dirigendo verso l'ospedale. Dopo aver sentito i paramedici discutere sul fatto che molti pazienti ricoverati sembrano essere piuttosto strani, e che molti di loro cercano di mordere le altre persone ed il personale dell'ospedale, il vecchio sbarella e cerca di far fermare l'ambulanza, avendo capito che l'ospedale non è un luogo sicuro, in quanto ormai probabilmente infestato da feroci creature. Purtroppo l'ambulanza si ribalta, ma il vecchio e la ragazza ne vengono fuori (abbastanza) incolumi. Il vecchio senzatetto cerca allora rifugio nel sottosuolo, nelle stazioni della metropolitana, dove ha vissuto per diversi anni, e dove spera di trovare un luogo sicuro. La ragazza lo segue, anche perché non saprebbe altrimenti dove andare. Nel frattempo suo padre ed il suo ragazzo sono arrivati all'ospedale, ma ben presto si accorgono che è diventato una gigantesca trappola piena di zombi. Sconfortati, cercano di raggiungere un luogo sicuro anche loro. Il vecchio e la ragazza scoprono intanto che anche le stazioni della metro sono infestate dai mangiacervelli, e riemergono in superficie. La ragazza si mette a piangere, dicendo che vorrebbe tanto poter tornare a casa. Il vecchio le risponde che lui una casa manco ce l'ha, e si mette a piangere pure lui.

Hye-Sun guarda inorridita le stazioni della metro ormai in balia degli zombi.
I due arrivano così in un vicolo, in cui si sono asserragliate diverse persone, da un lato ci sono orde di zombi, dall'altro la polizia in tenuta anti-sommossa che non lascia passare nessuno, né umano né zombi, dimostrando una comprensione dello stato di emergenza degna di un macigno in mezzo ad un'autostrada. Hye-Sun riesce a contattare il suo ragazzo e suo padre, i quali cercano di passare il blocco della polizia, ma non c'è verso. Arriva poi anche l'esercito, ben armato ed attrezzato: il vecchio senzatetto cerca di oltrepassare le barricate, ma gli sparano in mezzo al petto. Tempo di mormorare qualcosa contro il governo (non esattamente, ma giusto per rendere l'idea), ed il vecchio muore lasciando tutti sconvolti (non tanto per la sua morte, ma per aver capito che sono fottuti). Di lì a poco si riverserà un'ondata di zombi sugli inermi civili, mentre al di là delle barricate probabilmente l'esercito non ha nemmeno ben capito cosa sta succedendo. Fortunatamente la protagonista si salva in extremis, non senza il sacrificio di un baldo giovinotto che cerca di aiutarla! Vabbè, almeno è morto per una buona causa...
La protagonista, la cui vita è appesa ad un filo, letteralmente!
Hye-Sun riesce quindi a ritirarsi in un lussuoso complesso di appartamenti, che pare essere al sicuro dagli zombi. Una volta al sicuro chiama di nuovo il suo ragazzo, avvisandolo di essere riuscita a scampare al pericolo, e gli comunica la sua posizione. Sfinita da tutto quello che le è successo fino a quel momento, si addormenta. Viene svegliata poco dopo dal suo ragazzo, e per una volta tanto è felice di vederlo. Arriva anche suo padre, solo che veniamo a scoprire che in realtà (ATTENZIONE SPOILERONE)


non è suo padre, ma un suo ex pappone, che la stava cercando per un presunto debito che lei aveva nei suoi confronti. Dopo aver sgozzato il suo ragazzo senza troppi complimenti comincia la caccia alla ragazza sconvolta, che nel frattempo si è nascosta in un armadio. Purtroppo le sue impronte la tradiscono, ed il bruto finisce per prenderla a mazzate, calci e pugni a volontà! Non è chiaro se è per colpa delle percosse, ma ad un certo punto Hye-Sun muore. Il pappone cerca allora di rianimarla, disperato, ma ad un certo punto si accorge di alcuni graffi sulla sua caviglia. Troppo tardi, la ragazza si rianima e lo assale, prendendosi così una vendetta nei confronti del suo aguzzino e della vita (?). Partono i titoli di coda. Parte anche un FUUUUUUCK da parte mia!

(FINE SPOILERONE)

E niente, Seoul Station è un bel pugno nello stomaco, assestato agli spettatori ormai assuefatti dall'happy ending forzato (sì, sto parlando proprio con te, World War Z!). Non che "Train to Busan" avesse un finale allegrissimo, si intende, ma quanto meno era un finale che ti dava un po' di speranza (per l'umanità). "Seoul Station" invece è denso di disperazione e pessimismo: Hye-Sun conduceva una vita di merda prima dell'apocalisse, e dopo non fa che peggiorare, non c'è alcuna speranza salvifica, non c'è la cavalleria che arriva all'ultimo istante a salvarla, non riesce neppure a scappare dal suo passato che anzi la insegue fino al beffardo e crudele finale. Anche gli altri personaggi non hanno certo un destino migliore: si veda ad esempio il vecchio senzatetto, che cerca a tutti i costi di sopravvivere all'apocalisse zombi, perché è quello che ha fatto finora, sopravvivere giorno per giorno. Non ha casa, non ha amici, non ha parenti (almeno ciò non viene detto nel film), ma vuole comunque sopravvivere, e lo ribadisce esplicitamente poco prima di venir ucciso dai soldati dell'esercito coreano. Meno interessanti i personaggi del ragazzo della protagonista, che è di fatto un mollusco senza spina dorsale, non totalmente detestabile, ma comunque lontano anni luce dall'essere il tipico eroe che salva la damigella in pericolo (per quanto nel finale ci proverà, pur fallendo in maniera miserabile), ed il padre della protagonista, che si dimostrerà molto meno affettuoso ed amorevole di quanto si potesse credere.
E poi ci sono gli zombi, quelli del tipo veloce, quelli che anche se scappi su un tetto ti inseguono senza battere ciglio: insomma quelli peggiori possibili, già visti ormai in molti film ed opere più o meno recenti (tipo quelli di World War Z, per intenderci, o quelli visti in Dawn of the Dead di Zack Snider), e l'unico modo per fermarli è danneggiare loro il cervello, come da tradizione. Dato che il film è ambientato in Corea del Sud non ci sono nemmeno tante armi da fuoco a disposizione delle persone comuni: l'unico personaggio che ne usa una è il vecchio senzatetto, solo che i proiettili gli durano assai poco, e poi non gli resta che scappare. Altri personaggi si fanno strada con oggetti contundenti, ma in genere non gli resta che scappare, a gambe levate, se vogliono sopravvivere. Ed intanto l'esercito usa le proprie armi sui civili inermi...Per certi versi ricorda la situazione del film "28 giorni dopo", in cui i militari che dovrebbero difendere la popolazione civile inerme finiscono invece per causare quasi più danni degli stessi zombi!

Un primo piano di uno degli zombi di "Seoul Station"
Un'ultima riflessione: in Seoul Station non si respira tanto un'atmosfera di orrore in senso classico, ma soprattutto di angoscia. Angoscia per il destino della protagonista, angoscia per il destino dei vari personaggi secondari che cercano disperatamente di sopravvivere in mezzo al caos ed alla morte che avanza inesorabile. Come ho già scritto sopra, non c'è happy ending, non c'è redenzione, non c'è una morale specifica (che invece si può rintracciare in Train to Busan): se poi si decide di togliere gli zombi dalla trama resta comunque la storia amara di una ragazza in cerca (invano) di un'esistenza migliore.

domenica 9 aprile 2017

[FILM] Ghost in the Shell (2017) - la recensione rancorosa

Non sono mai stato un fan del manga e degli anime originali legati a Ghost in the Shell: mi sono piaciuti i 2 film di Mamoru Oshii ed i manga di Masamune Shirow, tuttavia non ho mai visto le serie tv ed i film animati successivi, sicché non posso dire di essere partito in quarta pensando subito che l'adattamento di Hollywood potesse essere quasi sicuramente una schifezza (i dubbi c'erano, ma del resto ciò succede perché in passato molti live action di manga/anime/videogiochi sono risultati a dir poco deludenti). Personalmente  poi le accuse di "whitewashing" rivolte ai produttori del film mi sono sembrate inutili, anche perché per quanto possono essere reali finché non vanno a rovinare il prodotto finale non è un problema grosso, tra l'altro nel film c'è pure una ragione abbastanza valida per cui la protagonista non si chiama Motoko Kusanagi e non è asiatica (ma è interpretata dall'occidentalissima Scarlett Johansson). I problemi del film di Rupert Sanders (regista con all'attivo solo una pellicola importante) stanno altrove, e sono da ricercarsi in una sceneggiatura poco coraggiosa, per quanto sufficientemente solida, con pochi guizzi e pochi momenti realmente emozionanti. Per il resto si assiste ad un omaggio a diverse scene viste nel primo film di Mamoru Oshii, spesso però si tratta di scene un po' fini a sé stesse, che sembrano là giusto per aumentare il minutaggio piuttosto che per caratterizzare meglio i personaggi o spiegare meglio aspetti della storia (che comunque è abbastanza scontata e lineare, purtroppo).
Il risultato finale è dunque un film abbastanza banalotto, che nonostante le potenzialità e gli effetti speciali buoni non riesce a brillare come potrebbe, la stessa Johansson non sembra decisamente a suo agio nel personaggio, molto meglio Pilo Asbaek nei panni di Batou e perfino Takeshi Kitano nei panni del capo della Sezione 9 (non lo si vede molto, ma quel poco che fa basta ed avanza). Interessante Juliette Binoche nei panni di una scienziata che si è occupata di seguire "il maggiore" fin da quando ha acquisito il suo corpo cibernetico, ed ha sviluppato per questo un legame quasi madre-figlia con Mira Killian (il nome del personaggio interpretato da Scarlett Johansson), anche se purtroppo tale rapporto non è stato approfondito in maniera soddisfacente. Peccato!

Resta il dubbio se con un altro regista, altri sceneggiatori ed un budget leggermente più elevato non si potesse fare di meglio, ma probabilmente resterà per sempre un dubbio, visto che difficilmente qualcun altro produrrà un altro film live-action molto presto!

lunedì 3 aprile 2017

Manga sickness 14: One Piece raggiunge 350 milioni di copie in tutto il mondo!

One Piece, il celebre manga di Eichiro Oda sui pirati ed affini, ha raggiunto la stratosferica cifra di 350 milioni di volumi stampati (c'è chi dice che abbia superato già 400 milioni, però) in tutto il mondo, ponendolo sul vertice dei manga più venduti della storia, molto sopra rispetto a classici come Dragon Ball, Slam Dunk, Ken il Guerriero e Le Bizzarre Avventure di Jojo, riuscendo a doppiare le vendite di serie molto note e più recenti come Naruto e Detective Conan. Ovviamente il successo di One Piece non è immeritato: la serie è sempre stata un mix ben riuscito di combattimenti, comicità, momenti più o meno drammatici. Il cast dei personaggi principali è ben assortito, sebbene Oda ami creare personaggi forse fin troppo grotteschi, a volte. Altro problema è che dopo 80 volumi e più di 750 episodi della serie animata (senza contare vari OAV e film) è evidente che la serie non ha più la freschezza di un tempo, o forse sarebbe meglio dire che dopo molti anni il lettore più esigente si guarda intorno e si accorge che nel frattempo sono uscite molte opere assai più interessanti di questa. Insomma, se il lettore medio si accontenta della mediocrità, il lettore esigente preferisce fare un salto di qualità, leggendo magari opere più brevi ma più mature ed intense. Un'opera come One Piece ha probabilmente un target adolescenziale (anche se i suoi personaggi ormai dovrebbero essere tutti più o meno maggiorenni), quindi è inevitabile che con il passare del tempo ci si disaffezioni all'opera, bollandola come infantile e ripetitiva, tuttavia resta il fatto che allungare il brodo oltre misura spesso danneggia la qualità complessiva di un'opera (sì, sto parlando di opere come Bleach e Naruto, ed in parte pure Dragon Ball).
Personalmente ho smesso di seguire regolarmente One Piece dopo la saga di Marineford, forse la migliore dell'intero manga, inconsciamente sapevo già che raggiunto un punto così alto era molto difficile eguagliarlo, e quindi non valeva la pena continuare la lettura (sebbene abbia letto qualche capitolo qua e la dopo quella saga).
Insomma, One Piece macina numeri impressionanti, infrange record su record, e la sua corsa sembra continuare in maniera irrefrenabile, ma dopo 20 anni ho l'impressione che il fenomeno "One Piece" sia sopravvalutato rispetto all'effettiva qualità complessiva dell'opera che, ribadisco per evitare fraintendimenti, comunque è più che valida.

Uno dei molti personaggi bizzarri e grotteschi presenti nell'opera

domenica 2 aprile 2017

Tassisti casinisti contro autisti autistici

Salterebbe fuori che molti tassisti non dichiarerebbere una parte consistente dei loro incassi giornalieri, visto che è quasi impossibile controllare il passaggio di contanti da una persona ad un'altra, figuriamoci quello quotidiano di migliaia di tassisti in tutta Italia! Questo chiaramente ha portato a situazioni in cui un'intera categoria può permettersi di nascondere parti più o meno consistenti dei loro guadagni alla tassazione ordinaria senza temere ripercussioni, questo almeno fino all'arrivo sul mercato di un competitor come Uber, che lavora in maniera che gli incassi siano tutti tracciati e tracciabili, anche perché si prende una commissione su questi incassi, ed inoltre gli autisti che lavorano per Uber lavorano esclusivamente tramite app, quindi non si scappa: corse monitorate e pagamenti elettronici. Certo, gli autisti possono sempre fare i furbi e non dichiarare tutto (o parte) del loro guadagno, ma come si vociferava per Airbnb lo Stato potrebbe chiedere alla multinazionale di trattenere una percentuale sui guadagni, oppure chiedere la lista con nomi e cognomi degli autisti, e poi da lì starebbe poco a verificare se questi hanno pagato il dovuto o meno! Ovviamente ciò non toccherebbe gli autisti abusivi, ma quello è un fenomeno piuttosto marginale. Il problema principale resta sempre quello di evitare l'evasione fiscale (che avviene/avveniva anche in altri settori, si intende), migliorare la qualità del servizio, senza ovviamente creare una concorrenza esasperata disastrosa (ovvero casi in cui gli autisti/tassisti finiscono con il guadagnare troppi pochi soldi per mantenere sé stessi e le proprie famiglie!). Non me ne vogliano i signori tassisti, sono sicuro che molti di loro non arrivano a guadagnare i 6000 euro al mese vagheggiati nel video de Le Iene, specie quelli che lavorano in città non troppo popolose, tuttavia resta il fatto che qualcuno fa troppo il "furbetto", e questo alla lunga fa incavolare alquanto il popolo che invece è costretto a pagare fino all'ultimo centesimo di tasse!

Un tassista che cerca di scappare dai finanzieri e dagli inviati de Le Iene!

sabato 1 aprile 2017

[VIDEOGAMES] Dynasty Warriors Unleashed, le prime impessioni

Uscito da poco per android ed iOS, DW Unleashed è il secondo (o terzo?) gioco ufficiale della serie Dynasty Warriors per smartphone, il primo però ad essere disponibile in tutto il mondo. Prodotto in collaborazione con la Nexon, DWU brilla per la grafica e la giocabilità immediata, nonché per i controlli intuitivi, ma presenta al giocatore livelli fin troppo brevi per essere soddisfacenti e troppi menù da gestire, in modo che si finisce più tempo per effettuare l'upgrade di armi, armature e simili che a giocare "sul campo", come accade ormai in molti giochi free2play. Non solo l'esperienza di gioco generale non è esattamente gradevole, ma difficilmente si ha voglia di spendere soldi reali per avere qualche chance di poter reclutare ufficiali potenti (visto che quelli che si ottengono gratuitamente non sono esattamente fortissimi). In buona sostanza il modello che poteva andare bene ed essere sopportabile per un gioco come Asphalt o BlazBlue RR, in questo caso esprime tutti i suoi limiti intrinseci, portando all'estremo il concetto di "grinding", cosa che avveniva anche nei Dynasty Warriors classici (in parte), ma in questo caso è molto più accentuata (come nella maggior parte dei giochi free2play). Inoltre sul Play Store ci sono già diversi giochi simili, ambientati pure nello stesso periodo storico (basta cercare "Dynasty Warriors" e si trovano molti cloni) da diverso tempo, con le stesse modalità di gioco, l'unico motivo per preferire questo DWU è solo uno: ci sono ben 48 personaggi ufficiali della saga, e gli effetti sonori e grafici sono presi direttamente da Dynasty Warriors. Purtroppo però è troppo poco per il giocatore più esigente, per quello che gioca a Dynasty Warriors da anni, per quello che ha giocato anche alla versione per Game Boy Advance, insomma!
Probabilmente è meglio impegnare il proprio (prezioso) tempo per qualche gioco più "produttivo", ad esempio Neo Turf Master (gioco di golf apparso sul Neo Geo), e non sto scherzando!